In una scuola del grande nord di un Paese europeo..

In una piccola scuola del grande nord di un Paese europeo, nella realtà concreta dei momenti di lezione, si perdonano i ragazzini violenti e si puniscono i ragazzini che subiscono violenze da compagni di classe. Come può essere? Accade realmente in questa piccola scuola esistente nella realtà, ma senza idee e senza volontà di progettazione concreta, se non quella semplicistica del “risolvete-tutto-da-soli”. Ecco i fatti realmente accaduti. In una classe terza di una scuola secondaria, da parecchi mesi  nell’anno scolastico precedente 2023/2024 e dall’inizio delle lezioni del corrente anno scolastico 2024/2023 un ragazzino colpisce di pugni quasi ogni giorno  un proprio compagno di classe, sia in classe durante le lezioni con la presenza di insegnanti, sia nei momenti di pausa, durante l’intervallo con la vigilanza o semi-vigilanza di docenti, sia nei tempi di ingresso e uscita in-da scuola. Questi gesti violenti del ragazzino sono probabilmente segno di qualche disagio subito o che sta subendo nella propria vita vissuta finora e rappresentano il bisogno di sentire la vicinanza degli adulti, il bisogno di sentirsi aiutato da tutti a svolgere il proprio percorso scolastico, il bisogno di essere seguito con un piano personalizzato e nello stesso tempo socializzante. Il gesto dei pugni non sembra significare specificamente la volontà di ferire altri, bensì di avere le stesse opportunità, che non trova nel proprio mondo. Con i pugni a un compagno probabilmente questo ragazzino, a nostro parere, intende richiamare l’attenzione su di sé e cercare di essere aiutato per essere felice come altri.  Ora parliamo del ragazzino, che subisce di continuo i colpi dei pugni dal compagno. Questo ragazzino non ha mai reagito con alcun gesto violento, tutt’altro: ha risposto soltanto chiedendo al compagno di smettere nel compiere tali gesti e raccontando di continuo agli insegnanti questi episodi. Questo ragazzino che subisce i pugni ha, forse, il solo torto – secondo il compagno dai gesti violenti – di avere ottime valutazioni a scuola e di avere, soprattutto, competenze di alto livello rispetto al grado di scuola in ben altro clima domestico. Ora cerchiamo di porre riflessione su questi due aspetti. 1) la necessità comprendere attentamente  le cause e gli argomenti di tali continui comportamenti violenti di un ragazzino nei confronti di un compagno di classe, allo scopo di costruire una progettazione di percorsi didattici inclusivi e aggreganti mediante attività di gruppo in laboratori produttivi con il contributo di tutti; 2) nello stesso tempo, sarebbe altrettanto necessario affrontare l’imprescindibile esigenza di dare ascolto anche al compagno che subisce pugni e che espone spesso  il proprio disagio e le proprie difficoltà a seguire le lezioni e svolgere il proprio dovere, a cui tiene molto. Su questo piano, è gravemente pesante e deludente anche la scelta degli insegnanti della classe di trascurare i patimenti dei pugni ricevuti e di interpretare le lamentele del compagno, che subisce pugni di continuo e che trova difficoltà a fare i lavori assegnati. A seguito di ulteriori disagi esposti nella classe tra ragazzini, una insegnante dimostrando insofferenza nel dovere per forza affrontare un problema imprescindibile e importante come questo ha frettolosamente costruito una idea tanto per dimostrare di fare qualcosa. Ecco in cosa consiste questa idea: il ragazzino che subisce i pugni e che è molto competente in tutte le discipline del curricolo deve impegnarsi in orario pomeridiano, dopo l’orario ordinario (non è dato sapere se è preso in considerazione il problema della vigilanza sui minori), a dare lezioni fronte-a-fronte al compagno che gli rifila spesso dei pugni su uno o più argomenti del programma didattico. Un pensiero sbrigativo, poco intelligente e di bassissima valenza formativa. In ogni caso una idea è tale e non rappresenta ancora una azione concreta e, soprattutto, di cui non è a conoscenza di alcuno (ragazzini, famiglie, collegi..). A questo punto nella realtà dei fatti, tale insegnante principale di classe come si muove? Cosa decide per tradurre una idea in azioni? Dopo avere, per forza di cose, trovato l’accordo con il direttore della scuola, richiama un mattino in orario di lezione in ufficio direzione esclusivamente il ragazzino studioso della classe (si badi bene, soltanto colui che viene colpito spesso dai pugni del compagno e senza darne notizia ai genitori del ragazzino richiamato in direzione) ad un incontro nell’ufficio del direttore. In questo incontro l’insegnante a fianco del direttore informa – ho scritto bene “informa” – il ragazzino della proposta (leggi: decisione) in base alla quale dovrà tenere una serie speciale di lezioni pomeridiane su argomenti del curricolo rivolta e dedicata soltanto al compagno, che lo riempie spesso di pugni (da soli in una aula? Ribadisco: con o senza vigilanza?). Risulta ovvio e indifferibile che la proposta si costituisce di fatto come obbligo da parte dello studente offeso (come può un ragazzino opporsi da solo al direttore e alla sua insegnante di classe?), più maturo e competente verso un compagno più debole e in difficoltà nel proprio percorso di apprendimento. Questa scelta è un gesto pedagogico-didattico profondamente ignobile, non-formativo e un gesto distanziante, del tutto opposto ad un approccio riducente le distanze, in quanto uno si atteggia a insegnante e l’altro si dispone come scolaro del compagno. Questa scelta di fatto danneggia entrambi i ragazzini, approfondisce grandemente le distanze, perchè è una specie di “risoluzione a due”, una specie di “farsela tra loro” (uno competente in materia e uno bisognoso di competenze), tra un ragazzino con evidenti bisogni socio-affettivi-culturali di origine probabilmente nel contesto familiare e un ragazzino dal comportamento corretto e con grandi risorse in termini di interessamento e di cura alla vita scolastica per affrontare il proprio futuro. E’ ignobile questa scelta di “lotta” a due decretata da un insegnante principale della classe e perentoriamente dal direttore scolastico con una direttiva praticamente obbligatoria. E’ del tutto evidente, che questa ha pure una impostazione didattica in quanto l’insegnamento/apprendimento non svolto da personale professionista, bensì svolto tra ragazzini in fase di costruzione del proprio apprendimento. Questa è una impostazione a dir poco indecente. La scuola, al contrario di tali gesti da sceriffi, ha l’obbligo e la missione di affrontare le situazioni di apprendimento a scuola in modo professionale con una didattica inclusiva progettata con tutti i ragazzini della classe e delle classi con problemi simili. In questo modo, sarebbe possibile concretamente affrontare i primi passi di vicinanza concreta per tutti, con fasi di lavoro laboratoriali a gruppi, di esperienze concretamente aggreganti nel cercare dibattiti ai comuni problemi, nel cercare una soluzione socializzante per tutti, affrontando un lavoro comune per cercare soluzioni comuni, studiando ricerche collaborative confrontando basi e forme diverse per arrivare ad uno scopo comune. Questo è il compito della scuola: favorire la promozione emotivo-formativa di tutti su nodi complessi inclusivi pur su tracciati specifici e personalizzati. La scuola non è il Far-West, è una altra istituzione etica ed educativa. Ahimè, esistono anche didattiche barbare in certe scuole di un Paese democratico, prima di tutto in questa specifica scuola che si trova nell’area di una grande città europea ricca di cultura e arte, famosa in tutto il mondo. Purtroppo, una scuola di ignobili ceffi con il titolo di direttore e insegnante rischia di oscurare il buon lavoro di molte altre scuole.

Vanni Savazzi weblog