Così la pantomima sulla realizzazione del “Piano nazionale ripresa e resilienza” continua a ribollire nelle stanze politiche e nelle opinioni sparse sui canali e sugli organi di informazione senza arrivare a una conclusione, senza arrivare alle mete. Le questioni rilevanti si disperdono e poggiano soltanto sulle colpe e sulle responsabilità di chi ha scritto i progetti dell’Italia e su chi non sembra sensibile alle richieste di dispersione e prolungamento dei tempi di realizzazione delle opere. Tali questioni intendono soltanto esibire a voce alta le colpe della mitica Europa per un semplice motivo: mancano programmi di lavoro per migliorare i progetti e per mettere in atto procedure realizzative. La mancanza di programmi e procedure di lavoro dipendono essenzialmente da due fattori: il primo, quello più importante, è fondato su figure politiche, che intendono prima di tutto soddisfare le richieste clientelari, che possono garantire stabilità di potere; il secondo riguarda l’incapacità di coinvolgere figure con alte competenze in materia, l’incapacità di scegliere professionisti di alto livello per realizzare grandi opere e per innovare metodi produttivi e di lavoro, di garantire nuovi investimenti per lavoro, nuovi sistemi formativi e di ricerca, nuovi spazi di sviluppo della nostra economia e di benessere sociale. La mancanza di idee e di programmi è il nostro deficit profondo, è la bassissima qualità della classe politica di questa generazione, non sono le scritture dei progetti. Nel caso in cui questa classe politica affidasse a professionisti di eccellenza e di indiscussa competenza gli incarichi per gestire i diversi settori previsti nei progetti del nostro PNRR, li lascerebbe lavorare in piena autonomia per raggiungere gli obiettivi? L’autonomia di lavoro per gli esperti professionisti sarebbe la soluzione ottimale, ma toglierebbe spazio di visibilità e di comunicazione sui vari media per la classe politica: per questo sorge il dubbio per una scelta del genere.