Piccole imprese e formazione: sfiducia o nuove mappe?

Di recente mi è capitato di leggere (fonte “Sole 24 ore”) che “le imprese familiari hanno una minore propensione a investire nella formazione rispetto al periodo pre Covid: nel triennio 2017-2019 il 78% delle aziende di proprietà familiare aveva investito in almeno una tipologia di formazione, mentre nel triennio attuale (2022-24) questa percentuale è scesa al 74 per cento”. E’ una scelta frammentata oppure diffusa e in crescita ? Non mi pare ci siano dati significativi per ipotizzare le ragioni di questa scelta, ma uno studio in merito sarebbe utile. In ogni caso, sembra evidente che l’impresa familiare non trova nel sistema formativo pubblico le risposte alle loro esigenze manageriali, al bisogno di crescita in competenze del capitale “gruppo-famiglia” per affrontare nuove domande, nuovi prodotti, nuovi compiti e nuove metodologie di lavoro. Sulla base di questi primi dati di rilevazione del bisogno formativo, gli Istituti Superiori e le Università dovrebbero farsi carico di rintracciare queste esigenze per offrire risposte, anche in relazione alla raggiungibilità sul territorio delle piccole imprese. Non è da escludere che la ricerca di nuove offerte formative nel sistema privato e all’estero da parte delle imprese familiari sia dovuta semplicemente alla mancanza di programmi e materie di insegnamento nei settori richiesti negli Istituti scolastici statali. La rigidità del quadro di materie di insegnamento nella scuola pubblica è evidente, ma questo non dovrebbe impedire di offrire nel “Piano triennale di Offerta formativa”, sperimentazioni e percorsi laboratoriali adeguati alle esigenze di lavoro e occupazione, considerate le opportunità di finanziamenti, che negli ultimi anni sono stati messi a disposizione.

Vanni Savazzi weblog