L’indice Desi (=Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società), come si legge sulla piattaforma del CENSIS, “colloca l’Italia tra gli innovatori moderati, con un punteggio pari a 49,3 rispetto a una media europea di 52,3. Il nostro Paese è indietro non solo sulle competenze digitali specialistiche, ma anche su quelle di base, possedute dal 46% dei cittadini contro un valore medio europeo del 54%”. I punti del rapporto sulla scuola indicano questi fattori e questi spunti per riflettere e pensare a obiettivi raggiungibili: a) l’idea di scolarizzazione continua e coerente non ha sufficienti “spinte” per formare competenze di cittadinanza digitale; b) nel piano formativo si rileva “una grande confusione, senza percorsi di uscita in avanti”; c) evidente debolezza nel “rapporto funzionale, sociale e affettivo fra scuola e società”; d) necessità di rimuovere la confusione, al più presto per puntare su un sistema scolastico “capace di operare come scheletro di alta qualità” competenziale, culturale e di fiducia sociale; e) evidente frammentarietà nel rapporto domanda-offerta di lavoro e nel cambiamento e sviluppo dei percorsi innovativi di scuola-lavoro. Questi punti deboli non sono nuovi, permangono da tempo nel sistema formativo a livello medio generale, ma la debolezza più forte, pesante, difficile da “guarire” riguarda la dispersione frammentata di risultati formativi nel nostro Paese in zone di alto livello e in zone di gravi carenze. E non è pensabile ad un miglioramento se non si parte da investimenti per il miglioramento dei piani formativi delle scuole e dei conseguenti accertati risultati. Non esiste nemmeno una bozza di idea di miglioramento di piano di offerta formativa nazionale (perchè dalle scuole occorre partire necessariamente), che permetta di disegnare obiettivi specifici in un tempo ragionevole. Tantomeno si pensa di affrontare l’arretratezza culturale di cittadinanza digitale nel nostro Paese, dovendo partire proprio dalle scuole, con un profondo cambiamento nel contratto docenti a causa della feroce opposizione sindacale all’obbligo formativo in servizio, anche con incremento stipendiale dedicato. In assenza di una stabile, responsabile e diffusa competenza docente per sanare i nostri ritardi, i nodi problematici conseguenti rimarranno stabili e forti alimentatori della nostre carenze.
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