Dalle notizie che giungono a noi da tutte le fonti, sembra ormai certo che il Giappone abbia ormai deciso di riversare in mare, nell’Oceano Pacifico, l’acqua contaminata conservata nella centrale nucleare di Fukushima. Si legge sui giornali che “entro il 2022 nei serbatoi disponibili attorno alla centrale non ci sarà più spazio per contenere tutta l’acqua usata nei lavori di smantellamento della centrale” [fonte “Il Post”]. Il premier giapponese pare abbia dichiarato che sia ormai impossibile rinviare tale scelta e che al momento in cui sarà messa in atto determinerà un impatto sostenibile. Il parere del premier giapponese preoccupa ovviamente tutti, ma è contestato nei suoi contenuti dai Paesi vicini bagnati dall’Oceano Pacifico ed è fortemente contrastato dalle comunità scientifiche e dalle associazioni ambientaliste. Preoccupa anche noi, che viviamo in Paesi molto lontani dall’Oceano Pacifico, perchè in ogni caso queste distanze non possono contenere un eventuale disastro, perchè non è la lontananza geografica che può frenare l’inquinamento grave. Il nodo di tutto questo a cui assistiamo oggi, ci insegna però tutt’altra cosa, ossia ci dice che la politica purtroppo appare sempre più disarmata, impreparata e disattenta soprattutto contro i veri problemi dell’umanità, è del tutto disinteressata ad affrontare le scelte che hanno conseguenze sul futuro. Il problema vero è che la politica dal punto etico e scientifico ha sempre avuto un approccio di punti di vista puntato a tempi brevi, limitati al piccolo territorio e non al futuro dell’umanità stessa, non al futuro della vita sulla Terra.
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