I nostri tempi sono percorsi da diffuse e ripetitive manifestazioni di grave difficoltà ad affrontare il presente e a guardare il futuro con fiducia da parte di gran parte di quelle popolazioni del mondo libere di esprimersi al mondo stesso. Tali difficoltà sono diffuse e centrate in ambito economico-lavorativo e in ambito sociale in cui le relazioni sono costantemente oggetto di dispregio verso le persone di altre lingue o culture in condizioni economiche peggiori. Di certo, le considerazioni acrimoniose e dispregiative verso le persone di altre lingue e altre culture sono in larga parte quelle più diffuse. Nel mondo occidentale a noi più vicino, questo dispregio può favorire e diffondere consensi, concentrando sempre più l’attenzione agli episodi più negativi, di cui si ha conoscenza. Nei casi peggiori, può indurre anche a manifestare consapevole soddisfazione e condivisione nei confronti di decisori che provocano direttamente azioni di allontanamento/impedimento di spostamento e indirettamente persino la morte di persone dai caratteri somatici e dalla lingua diversa. Nei casi più ordinari, il dispregio può essere anche di dispregio pre-definito e stabile pur senza azioni concrete subite. Così come, stesso livello di dispregio si mostra soltanto per timore di un futuro di crescita nel numero di “altri-diversi- da-me” e di conseguente perdita di diritti o possibilità di miglioramento economico o di semplice status sociale. Ad un livello più leggero, certe manifestazioni di contrasto e allontanamento, di distanza dall’altro-da-me si stanno facendo realmente concrete, seppur non in modo evidente, cercando di creare barriere in qualche ambito/luogo del sociale o del semplice spostamento da un luogo ad un altro: ad es., la conoscenza della lingua locale, la dimostrazione del tempo di residenza (non tanto la nazionalità) in un luogo, il ripristino di antiche abitudini o festività della popolazione locale per sentire la comunanza tra vecchi amici/parenti, anche se di bassi numeri. Tutti questi aspetti esplicitano indubitabilmente l’intenzione di diffondere il verbo della ineluttabilità del confliggere-con, della ineluttabilità di espressioni di acrimonia-verso “l’altro-da-noi” per causa di tale convivenza con il “diverso”. Sono, questi, fenomeni di acrimonia verso il “venuto-da-lontano” noti da millenni, che dovrebbero consentire alle parti decisionali di carattere politico ad affrontare tale questione dei nostri tempi in forma di nuovi processi di cambiamento, di sviluppo economico e culturale, in forma di crescita e, soprattutto, di stabile e diffusa situazione di benessere generale, non tanto di crescita abnorme di ricchezza per pochi e di incertezze, instabilità, bassa qualità di vita e di difficile opportunità di lavoro e di convivenza collaborativa per molti. Difficile? No, assolutamente! Prima di tutto basta pensarci, ma per pensare ci vuole volontà di pensiero e per avere pensiero occorre studiare e lavorare, ma non soltanto. Per pensare con giudizio occorre soprattutto tenere in sé valori etici da umani per la convivenza civile sulla base di un diritto/dovere comune, valori etici e culturali per una normale convivenza. Tutto questo è molto più facile che stampare libri in dialetto gallico insubrico o parlare in apuano.
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