La rituale messinscena sulla scuola

Come ogni anno alla apertura dell’anno scolastico e all’inizio delle lezioni si legge e si scrive intorno alla crisi grave, complessa, profonda della scuola diffusa in ogni settore dai bassi stipendi di tutto il personale, alla perdurante assenza di cambiamenti strutturali, investimenti e progettualità in ogni angolo del Paese. La crisi della scuola nasce da assenza totale di volontà della politica e dei sindacati di intervenire per avviare un cambiamento profondo e strutturale in ogni ambito. La scuola continua il suo passo lento e continuo verso il basso, mantenuta in piedi da briciole di leggine e da aumenti di un centinaio di euro degli stipendi del personale in tempi brevi senza discutere nulla in grande silenzio e sintonia governo-sindacati, tanto per far credere a genitori e studenti che qualcosa si fa. Oggi la scuola italiana è la peggiore del mondo occidentale, o forse anche oltre; di scuola si parla ogni tanto sulla stampa, che per fortuna è l’unico soggetto che scrive forte e chiaro sullo franamento del nostro sistema scolastico. La scuola italiana ha forte bisogno di grandi cambiamenti sulla formazione e sulle competenze del personale in ingresso e in servizio, sulla riconfigurazione della carriera di dirigente e di docenti e del personale amministrativo, sugli stipendi del personale, su profonde riforme delle didattica, innovazione dei laboratori e della logistica formativa, su innovazione dei programmi di studio, su una profonda ristrutturazione del ciclo scolastico ancora funzionante sullo stra-vecchio percorso nido-infanzia-primaria-secondaria primo grado-secondo grado. La scuola attuale regge per fortuna sull’impegno encomiabile del personale in servizio, dal bidello al dirigente: il personale della scuola mantiene il proprio impegno (anche se non ovunque, tanto nessuno va a controllare se lavora e se lavora bene!) per reggere la baracca che frana. I soggetti che dovrebbero cambiare alle cose (politici e sindacalisti) se ne stanno nel proprio caldo rifugio, sventolando la litania dell’inizio dell’anno scolastico e ogni tanto gridando dal balcone delle fandonie per dimostrare al vento che esiste e sventolando la propria pochezza. 

Vanni Savazzi weblog