Diatribe che peggiorano il problema

In una scuola di un Paese democratico accade ad un certo punto dell’anno scolastico un episodio che viene riportato con la massima tempestività sulle pagine di cronaca di tanti organi di stampa e sui media. Tale episodio di per sé non presenta assolutamente nulla di grave, in quanto non tocca né la salute delle persone, né l’integrità di edifici e materiali ed é assolutamente risolvibile pacificamente in tempi brevi.  Allora perchè ad una notizia su un episodio semplicissimo si sono aperte le pagine dei maggiori quotidiani, le news di tanti media e si sono inalberate anche le voci di politici affamati di visibilità, ergo affamati di voti? Presto detto. In questa scuola sono iscritti e frequentanti studenti originari del Paese democratico in cui ha sede la scuola e studenti di  cui non si conosce il luogo di nascita, ma si conosce il credo religioso. Ebbene, veniamo adesso ai fatti. Gli studenti, di cui si conosce il credo religioso, si assentano alcuni giorni dalla scuola – come hanno fatto anche in passato – per osservare le pratiche religiose di cui sono fedeli. Il dirigente dell’Istituto decide di regolarizzare la situazione decretando la sospensione delle lezioni per tutti gli studenti della classe nei giorni di frequenza al rito religioso. E qui si scatena l’ira del “Dio politico” di tutto il Paese democratico. Trascuriamo per umana pietà osservazioni sulle gesta penose di politici in cerca di gloria e cerchiamo di produrre una ipotesi risolutiva con un minimo di razionalità democratica. Prima di tutto è bene fare presente che esiste da tempo una norma chiara e semplice  che regola il numero minimo dei giorni di frequenza alle lezioni per decretare la validità dell’anno scolastico. Sulla base di questa norma, l’Istituzione scolastica prima dell’inizio dell’anno scolastico ha l’obbligo di decretare il calendario scolastico con numero di giorni di lezioni e di giorni di interruzioni. L’Istituzione scolastica, salvo eventi gravi e imprevedibili (epidemie, terremoti…), non dovrebbe provvedere a modificare i giorni di lezione. In questo caso, l’osservanza delle pratiche religiose da parte degli studenti non dovrebbe essere sconosciuta nel momento in cui si stabilisce il calendario delle lezioni nell’anno scolastico. In secondo luogo, presumendo che tali pratiche non fossero note all’atto della delibera del calendario, si sarebbe potuto prendere una decisione molto semplice per non scontentare nessuno e per non creare inutili diatribe utili soltanto a politici di bassa caratura morale. Una soluzione fattibile facilmente e senza intaccare il numero di giorni di lezione avrebbe potuto essere questa: gli studenti non credenti o non aderenti al rito religioso avrebbero avuto l’obbligo di frequenza, come di norma per tutti gli altri giorni; gli studenti in assenza nel rispetto del proprio credo religioso avrebbero potuto – in via eccezionale per il corrente anno scolastico – “recuperare” al pomeriggio il numero di ore di lezione perse. Sul pagamento delle ore di insegnamento aggiuntivo avrebbe dovuto provvedere l’Istituto scolastico, in quanto ha mancato di programmare a tempo debito la risoluzione del problema. Per l’anno scolastico successivo, il Dirigente ha tutto il tempo per programmare la distribuzione annuale di una parte delle ore di lezione per studenti di diverso credo religioso. Un calendario scolastico per imparare nei tempi rispettosi delle diverse culture religiose è una soluzione semplicissima da applicare. In ogni caso, per offrire un giudizio conclusivo direi che il Dirigente ha commesso un errore tecnico, ma ha applicato una scelta morale giusta e apprezzabile.

Vanni Savazzi weblog