Come può uno stravecchio ambiente televisivo, ormai disperso senza bussole nei nuovi orizzonti digitali, presentare la solita noiosa, nonché penosa, competizione canora allo scopo di conservarsi uno spazio nel mondo della comunicazione sociale, della informazione e della cultura popolare? Una competizione tra esecutori penosi di canzonette banali non può che rientrare nella categoria della cancel culture, della cancellazione di quello che è stata una manifestazione di buona canzone popolare, di avvicinamento dal basso della canzone verso la cultura di buoni indirizzi e di buoni propositi. L’arte abbassata a cattivi disegni e pessimi prodotti fa soltanto danni a tutti.
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