Questa scelta tanto ovvia, quanto semplice rende inspiegabili le sorprese e la delusione di tanti commentatori sugli organi di informazione. Prima di tutto, con lo sguardo rivolto al nostro presente occidentale, ritengo che la delusione della scelta non mi sembra una espressione di ragionevolezza sotto tutti gli aspetti, in considerazione prima di tutto dei costi economici e della sostenibilità in ogni ambito e, in seconda istanza, del risparmio di tempo, che si sarebbe perso in diatribe elettorali della piccola politica sul merito della proposta e soprattutto delle inefficienze evidenti, diffuse e regolarmente comprovate della nostra pubblica amministrazione per gestire un evento così importante per gli sguardi del mondo intero. In secondo luogo, guardando ben oltre il presente dell’Italia e dell’Europa, la nostra politica dovrebbe preoccuparsi dei rischi di fondo che l’Occidente si appresta ad affrontare: la difesa dei valori della democrazia liberale, la conferma e la stabilità salda e forte della democrazia e della libertà; la conservazione e il potenziamento del sapere, delle istituzioni destinate alla formazione, della cultura della innovazione in tutti i campi che convergono nel benessere dell’umanità; il rafforzamento di alleanze nel mondo che sostengono questi valori, questi principi e questi impegni. Se poi i criteri di aggiudicazione di un Expo si basano su vassoi d’argento, è un grande onore della cultura italiana ed europea avere perso questo piccolo Expo.
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Expo 2030: per fortuna Roma ha perso
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