Il libro, edito da Einaudi, parte dall’ipotesi che sia possibile la fine di internet. Il libro è suddiviso in tre parti: 1) I segnali in atto che inducono al pessimismo; 2) gli aspetti negativi che la diffusione di internet sta determinando nelle economie e nei rapporti sociali a livello globale; 3) il futuro incerto e i segnali positivi in atto, che sembrano diretti verso una buona strada. Vediamo in sintesi il contenuto di queste parti. 1) La fine di internet potrà essere causata da ragioni diverse: sabotaggi e malware. La fine di internet determinerebbe conseguenze gravissime: caos globale, crisi economiche e sociali molto gravi e soprattutto difficili da controllare. Sarebbe la fine del mondo, secondo l’autrice.
2) Gli errori e le cattive direzioni che stiamo percorrendo, anche senza renderci conto per le difficoltà di conoscenza e percezione si possono tradurre in pochi termini: crimine, dipendenza dall’uso di internet e disinformazione in cui siamo immersi, discriminazione sociale, l’ingiustizia sociale e la tirannia digitale (ubiquità di internet), controllo del lavoro. L’utilizzo continuo di internet hanno portato alla diffusione di nuovi termini, che conosciamo il significato e disconosciamo il senso profondo. Ecco la nuova terminologia descritta nel libro: design comportamentale (B.J. Fogg), nomofobia, phubbing, sé esteso, loop ludico, tunneling, captologia, behavioral design, FOMO (Fear of Missing Out), istupidimento, phubbing, influencer, ingegneria del consenso, disinformazione, influencer marketing, iperpersonalizzazione e captologia, esercito (ro)bot (i NOT sono programmi per rispondere in varie forme alle domande), meme, infodemia e infossificazione, manipolazione, populismo, identità, post-verità, gaslighting. La disinfomazione e la retorica polarizzante, secondo l’autrice indeboliscono la democrazia (importantissima tesi sostenuta dall’autrice).
3) Prima di tutto le promesse infrante, che la globalità digitale sembrava promettere, hanno decisamente violato diritti del cittadino globale. Tuttavia, stanno emergendo alcuni segnali positivi, che possono indurre all’ottimismo. In ogni caso, questi segnali possono portare a risultati positivi soltanto se si riesce a realizzare una “Alleanza democratica per una governance digitale”, che garantisca valori e diritti, che definisca una “Zona” o le zone di commercio globale, che risolva un “contratto sociale” globale per la sicurezza digitale, costi ambientali sostenibili, sovranità nazionale e un minimo “Realpolitik” (bellissima espressione questa descritta da Esther Paniagua!). Per finire: è un libro da leggere assolutamente.