Dispersione scolastica: realismo e politica

Parliamo dei fatti e poi riflettiamo. In un quartiere residenziale vicino al centro di una città medio-grande si trova un Istituto scolastico di secondo grado, una scuola superiore con un numero di studenti ben superiore ai limiti imposti dalla riforma delle autonomie scolastiche e con diversi indirizzi liceali e di istituto tecnico. Ebbene, in una qualsiasi mattina di lezione nell’arco della settimana di lezione da settembre a giugno si possono osservare registrare i seguenti fatti: un numero piuttosto alto di studenti (riconoscibili facilmente per le dotazioni di zaini e di arnesi che fuoriescono dagli zaini stessi e dalle aggregazioni per fasce di età molto vicine) affolla con continuità per tutto l’orario di lezione della mattina un paio di bar e un supermercato nelle vicinanze; un altro numero consistente di studenti aggregato per file e squadre distinte si ritrovano in cammino verso l’ultima ora di lezione alle piazzole di fermata dei bus provenendo dalle strade che collegano al centro e ad altri centri commerciali. L’osservazione di questo fenomeno è stato visto e registrato non soltanto dal sottoscritto ma anche da altri; questa performance degli studenti è evidentissima da qualsiasi persona che voglia accertare questi fatti. Questo fenomeno è accertabile anche frequentando nell’arco di qualsiasi mattina le strade che portano dalla sede dell’Istituto scolastico al centro storico o centri commerciali. Stando ai fatti dovremmo considerare e definire questi studenti non quali “assenti”, bensì quali “non frequentanti” la scuola, trasgredendo l’obbligo di frequenza. In ogni caso, osservando soltanto la realtà, dovremmo rilevare che molto studenti assolvono all’obbligo scolastico fino a 16 anni esclusivamente iscrivendosi alla scuola, senza frequentare o frequentando in modo molto discontinuo e sporadico alle lezioni. Tuttavia il male non è circoscritto, non è chiuso in questo quartiere di una città qualsiasi del nostro Paese. Il male non riducibile ad un luogo o ad un Istituto. Nel nostro Paese il fenomeno di giovani che non studiano e non lavorano è molto elevato rispetto agli altri Paesi europei, eppure non si muove nulla, non si fa praticamente nulla per arginare, per cercare di rimuovere quelle barriere che ostacolano o impediscono la formazione e la formazione per l’inserimento al lavoro dei nostri giovani. Dubito che i dati pubblicati in qualsiasi sede siano realistici e fondati pienamente sulla realtà, questi dati sono superficialmente rilevati e non possono essere effettivamente realistici. Il problema del futuro della economia e della formazione nel nostro Paese è fuori dalla attenzione (salvo quella puramente formale) di qualsiasi istituzione. Visto che siamo in fase di cambio di rotta politico, abbiamo mai sentito sollevare la priorità di formazione e lavoro per le riforme prossime? Abbiamo mai sentito parlare di valorizzazione degli investimenti per gli Istituti scolastici accessibili con il PNRR? Abbiamo sentito o visto litigare, abbiamo sentito finora portare l’attenzione delle forze politiche di Governo e opposizione su proposte programmatiche per la formazione al lavoro e alla ricerca dei nostri giovani?

Vanni Savazzi weblog