Ripensare a un investimento sprecato

Questi lunghi mesi di crisi di continuità delle lezioni dovrebbero servire a riflettere su quanto non fatto fino ad ora e su quello che si dovrebbe cambiare per migliorare la scuola che abbiamo. L’unico aspetto positivo dei periodi di gravi difficoltà è proprio questo: pensare ai cambiamenti necessari da mettere in atto non appena si torna alla normalità. Purtroppo, riguardo alla scuola, vi sono anche rischi di abbandonare buone pratiche che si sono dovute applicare proprio nei momenti di crisi, caricando queste pratiche di aspetti negativi legati all’uso “obbligato” e forzato: si veda il caso di ambienti digitali per l’apprendimento (volgarmente e scorrettamente definita DAD). In effetti, la cosiddetta DAD è una pratica antica e non è nata con le applicazioni digitali: il fare i compiti a casa, ad esempio, è proprio un metodo classico di fare didattica a distanza. Tornando al tema principale di questo post, sono convinto di due cose: 1) la didattica, le metodologie didattiche, gli ambienti di apprendimento, le ricerche e le conoscenze pedagogiche siano state per troppo tempo trascurate come materie di formazione e di continuo aggiornamento; 2) la formazione alla introduzione di linguaggi e ambienti digitali è stata obiettivo di tanto impegno di programmazione da parte del Ministero ed è stato oggetto di tanti investimenti per tanti corsi di formazione (si veda il più recente Piano Nazionale della Scuola Digitale) in tutte le scuole del Paese da diversi anni, tuttavia questi sforzi non hanno portato risultati concreti, pratiche applicative dentro le aule. Un grave errore commesso per tanti troppi anni e non soltanto per il Piano di formazione sulla scuola digitale, per tutti i corsi di formazione ministeriali, è stata l’interpretazione e l’impostazione scientifica della formazione in servizio del personale docente. Tale impostazione è centrata su questo assunto: le conoscenze trasmesse nei corsi, insieme alle pratiche applicative delle conoscenze stesse durante le esercitazioni dei corsi non sono mai state oggetto di verifica, di controllo, di esame per capire se tali conoscenze si fossero trasformate in competenze per la realizzazione in classe di attività concrete, per trasformare un investimento cognitivo per i docenti in miglioramento cognitivo di valore per gli studenti. Rilevato questo gravissimo errore, che ha disperso capitali di denaro, di impegno e di tempo, si dovrà provvedere in tempi brevi a cambiare radicalmente questa pratica e soprattutto a rivedere i contenuti, le discipline, gli oggetti e le materie e soprano l’epistemologia della formazione in servizio dei docenti delle nostre scuole. Dopo tale revisione radicale del modo di pensare, i nostri Ministri dovrebbero produrre un piano di formazione serio per i prossimi anni, una volta passata questa fase drammatica.

Vanni Savazzi weblog