Istituzioni, rappresentanza: solo una questione di numero?

In questo scorcio di legislatura siamo attivamente partecipi di due eventi/momenti: la tenuta o la sfiducia all’esecutivo con relativo passaggio ad una fase pre-elettorale e la prossima chiamata alle urne per il referendum sulla riduzione del numero di parlamentari. Sono due aspetti che appaiono diversi e distanti nel contenuto, certamente non collegati sotto l’aspetto sostanziale e formale, che tuttavia rientrano in uno stesso scenario di pericoli per la tenuta della democrazia. I punti fondamentali e critici di alto rilievo a cui sono legati questi due eventi non riguardano fattori puramente numerici, bensì fattori qualitativi, di senso e di principio che stanno alla base del nostro sistema democratico. Quali sono questi valori e princìpi dettati dalla Costituzione democratica, che sono in gioco e che sono implicati in questi due atti? Prima di tutto, è implicato il valore di una istituzione democratica fondamentale, il Parlamento per intenderci, l’organo rappresentativo per eccellenza e delle funzioni che è chiamato a svolgere pubblicamente davanti ai cittadini e, secondariamente, è in gioco la conservazione del valore delle funzioni che ciascun parlamentare, quale  rappresentante dei cittadini, è tenuto a riconoscere e svolgere proprio all’interno delle sedute del Parlamento stesso. Queste annotazioni e questi richiami ai valori in gioco possono sembrare un po’ stantii, dal vago sentore scolastico, ma non è così, sono al contrario sostanziali e fondamentali perchè sono finalizzati a mantenere la saldezza di un sistema democratico basato sulla rappresentatività. Nella realtà dei fatti si verifica molto frequentemente in questa legislatura che le aule di Camera e Senato sono praticamente vuote della presenza di deputati e senatori durante le sedute di dibattito e di lavoro parlamentare, si verifica che i dibattiti e le fasi di discussione e accordi tra i partiti sono svolte nei luoghi più diversi, si verifica che la presenza in aula delle figure guida dei partiti è evento raro, fatte salve nelle sedute di voto, si verifica che un capo di partito dichiara prima davanti ai media più diversi le proprie intenzioni e le decisioni sulla fiducia o meno al governo. Si verifica la stessa cosa anche nelle sedi del Parlamento europeo, beninteso, anche se di Europa deputati e senatori ne parlano in ogni sede, nei profili dei social, in interviste e nelle piazze. Tutto questo evidenza il basso senso della istituzione parlamentare proprio da parte dei componenti dello stesso Parlamento. Beninteso, sono sempre stati seguite certe pratiche di natura riservata tra parlamentari, le interviste e la presenza nei media sono sempre state fatte, ma il contenuto effettivo delle decisioni non venivano così esplicitamente decise e dichiarate fuori dal Parlamento. La indifferenza e il disvalore presenti nei comportamenti dei parlamentari sono un segno di bassa cultura e bassissimo rispetto delle istituzioni e ancor più di bassissimo rispetto verso gli elettori stessi, anche se la parvenza di democraticità viene manifestata nelle gelaterie o nelle piazze. Questi gesti di disprezzo istituzionale sono un pericolo per la tenuta della democrazia. Premesso questo, ci si chiede: quale valore può avere il numero di parlamentari da decidere nel referendum? Se il disprezzo verso le istituzioni è così diffuso, non ha nemmeno senso porre questo quesito referendario. Occorre prima compiere ben altri passi e passaggi per riportare le cose al vero significato che riveste una rappresentanza parlamentare verso i cittadini tutti (anche quelli che non partecipano nelle piazze o nelle gelaterie della spiaggia). Rappresentanza parlamentare di deputati e senatori che percepiscono un ottimo compenso da parte dei contribuenti e che ricevono ottimi indennizzi per viaggi e spese materiali connesse. La emergenza vera è rifondare il valore etico-morale, materiale e il contenuto della identità della figura di parlamentare, poi magari si parlerà di numero di parlamentari. In questa situazione, si rischia di far perdere senso alla chiamata alle urne per decidere in modo e forma demagogica, eppur molto costosa a carico dei contribuenti, la riduzione del numero. A questo punto, è meglio allora mantenere un numero alto per semplice calcolo probabilistico, più è alto il numero di parlamentari, più probabilità ci sono che si eleggano parlamentari onesti, seri e rispettosi delle istituzioni.

Vanni Savazzi weblog