Il disegno di legge sulla autonomia differenziata, sul regionalismo per intenderci, naviga ancora nel mare dell’incertezza e della frammentarietà delle ipotesi in discussione. In poche parole, non esiste, non si vede o non è specificato con chiarezza, il disegno complessivo dell’assetto che dovrebbe disegnare il nuovo sistema amministrativo e la nuova rete di distribuzione e gestione delle risorse dello Stato e delle Regioni autonome. Questo diverso assetto delle autonomie regionali riguarda anche la autonomia delle scuola, che al momento risulta modellata sul principio di sussidiarietà. Si manterrà lo stesso modello con la variazione del passaggio da Stato a Regione (alcune Regioni)? Non si sa di preciso, nessuno dice come si realizzerà e con quali strumenti dovrebbe funzionare. Ciò che appare all’orizzonte è una distribuzione anomala di risorse tra le scuole del Nord, che lavorano meglio e producono maggiore valore formativo e dovrebbero ottenere di meno delle scuole del Sud, che lavorano con risultati non adeguati ai bisogni. In ogni caso, al di là di questo frammentato e incerto cammino delle riforme e la grave mancanza di una visione complessiva del sistema amministrativo dello Stato, resta un dato certo: la totale, grave e perdurante scelta (è una scelta in quanto consapevole e intenzionale decisione) di non investire sulla scuola e sulla formazione degli studenti, la riduzione costante di risorse assegnate per l’adeguamento e il miglioramento infrastrutturale di infrastrutture. strumentazioni e laboratori. Questa scelta risalta in modo particolarmente grave se si correla con le scelte di molti paesi europei e mondiali, se si correla con la forte necessità e il forte fabbisogno per il futuro di competenze, di sapere e di innovazione da parte della ricerca scientifica, delle Università, da parte delle imprese più avanzate.
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